80 assegni in nero a Scajola: dimissioni? No, coltello tra i denti

 
Storie e Notizie N. 171

Ogni giorno che passa mi convinco che il mio paese sia veramente il più paradossale del mondo.
Banalmente: gli operatori umanitari sono terroristi e i guerrafondai degli eroi, chi parla di mafia la sostiene e chi grazie ad essa si arricchisce ne è il più acerrimo nemico, chi osa dissentire è un traditore e chi cambia idea un giorno sì e l’altro pure è una persona leale.
Guarda caso, però, tali mistificazioni giungono quasi sempre dalla stessa fonte.
Come una sorta di virus che stravolge i fatti e ribalta puntualmente la verità.
Il problema è che non c’è l’antivirus.
Senza antivirus, il file infetto non viene riconosciuto come tale.
Il virus viene considerato un programma di sistema.
Anzi, è il sistema…

La Storia:

C’era una volta un regno chiamato Paradosso.
Nel regno c’era un re che possiamo chiamare Silvio.
Il re aveva un figlio che possiamo chiamare Claudio.
Il principe Claudio non era proprio quello che si dice una cima e si trovava in una spiacevole situazione.
I gabellieri, avendo indagato su di lui, avevano scoperto che il castello in cui viveva sua figlia era stato acquistato grazie ad un cospicuo dono in denaro da parte del brigante detto Anemone - che vuol dire fiore del vento - chiamato in tal modo per la sua abilità nell'alleggerire le tasche dei poveri in favore dei ricchi e volatilizzarsi in un baleno.
Una sorta di Robin Hood al contrario, per intenderci.
D’altronde siamo nel regno chiamato Paradosso.
Il principe Claudio pensò di dimettersi dal suo titolo nobiliare e si recò dal re Silvio per chiedere un consiglio.
“Claudio, devi andare avanti”, disse il sovrano, “anche perché, se accettassi le tue dimissioni, ne uscirebbe indebolito il regno: daremmo un'immagine di sfaldamento proprio mentre siamo sotto l'attacco del barone Fini…”
Il Barone Fini, detto il dissidente, un tempo era alleato del re ma poi osò criticare quest’ultimo davanti a tutta la corte e da quel giorno fu oggetto di tremende ingiurie.
Non fu risparmiata nemmeno la suocera.
“Se la prendono con te per attaccare me, lo sai”, proseguì re Silvio a colloquio con Claudio, “ma vedrai che tra una settimana si sgonfierà tutto, devi solo tenere duro finché non passa l'onda…”
“Cosa? La marea nera che affligge il nuovo mondo è giunta sino alle nostre rive?!”
“Cretino tu e cretino io che ti ho messo al mondo. E’ una metafora…”
“Ah…”
Nonostante le rassicurazioni, Claudio era comunque sconfortato: “Non voglio partecipare a un processo sulla pubblica piazza, stanno sputtanando me e la mia famiglia…”
“Dimmelo a me…” pensò il re.
“Devi difenderti in maniera più dura”, aggiunse alzando la voce, “con il coltello tra i denti! Devi mostrarti agguerrito, senza paura. Solo così ne potrai uscire…”
La notte stessa Claudio ebbe un sonno agitato, ripensando alle parole del padre sovrano.
Non c’era altra via che seguire il suo consiglio.
L’indomani si presentò a corte con un coltello tra i denti, con sguardo agguerrito e sforzandosi di mostrare un’espressione impavida.
Mentre tutti i cortigiani lo osservavano ammirati, alle sue spalle giunse il barone Fini, il quale, dandogli un’amichevole ma decisa pacca sulla schiena, lo salutò cordiale: “Claudio, come va?”
Il principe fu colto alla sprovvista e per disgrazia ingoiò il pugnale, morendo sul colpo.
Fu così che il regno chiamato Paradosso ebbe la sua morale: al suo funerale Claudio fu celebrato come eroe morto nell’esercizio delle sue funzioni, il barone Fini venne additato come assassino e traditore che aggredisce alle spalle e il re Silvio si ritrovò un figlio cretino in meno e un castello in più…



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