Guerra dei droni USA più umana: Brennan ha ragione

Storie e Notizie N. 863

Leggo che John Brennan, il candidato di punta dell’amministrazione Obama a guidare la CIA, ha dichiarato: “I droni sono una forma più umana di guerra.”
Evitando di lanciarmi nell’ormai stantia polemica, di natura semantica, sull’opportunità di accostare vocaboli rumorosamente antitetici quali umana e guerra, mi accingo a fare uno sforzo nel comprendere appieno il punto di vista dell’altro, invitando ad esprimersi il protagonista in persona della suddetta suggestiva affermazione, ovvero il drone:


Ha ragione, John ha ragione. E voi Italiani dovreste saperlo, è una vita che ascoltate senza discutere e obbedite a tutti i John a cui gli viene lo schiribizzo di dare il cosiddetto fiato alla bocca aperta. A meno che il John in questione provenga dal di fuori dei confini statunitensi. In quel caso è un’altra storia.
Ma la nostra, quella del nostro John, appartiene proprio al paese dei liberatori, dei vostri liberatori.
Tornando a bomba… ehm, adesso non fraintendetemi, vi confermo che è tutto vero. Io sono una forma più umana di guerra.
Basta con quei brutti pilotacci con lo sguardo corrucciato, addestrati in posti assurdi tipo il campo di Full Metal Jacket, con le urla di sergenti violenti e insensibili.
Basta con le scritte Born to kill sull’elmetto.
Io sono Born to love, nato per amare, per amare voi, soprattutto i civili, in particolare donne e bambini.
Ah, come amo io le donne e i bambini non le ama nessun altro.
Perché io sono un drone, ovvero una macchina, devo obbedire pedissequamente al processore e al software.
E sapete cosa c’è scritto nella prima riga di istruzioni di quest’ultimo?
Ama il prossimo tuo e bombarda chi vuoi.
Sì, lo so, Sant’Agostino non diceva proprio così, ma perché non era abbastanza umano quanto me.
Io sono l’umano 2.0.
Un umano distaccato, chirurgico, virtuale, quindi inattaccabile.
Eh, se per sbaglio, che so, sterminassi una dozzina di bambini in una scuola o scambiassi un ospedale per una base militare non lo farei mai per cattiveria.
Non conosco la cattiveria, ignoro le emozioni, sono una macchina, ve l’ho detto.
Se il tostapane non cuocesse abbastanza osereste definirlo pigro?
E se il frigo vi rovinasse i surgelati pensereste che abbia le vampate?
O se il vostro cellulare inviasse messaggi di nascosto e vi esaurisse il conto, gli dareste del ladro?
No, niente di tutto ciò, perché queste sono tutte prerogative umane vecchia maniera.
Io sono il drone, il simbolo dell’umano del terzo millennio.
Mi alzo in volo, raggiungo l’obiettivo e lancio la bomba.
Per le conseguenze di quest’ultima non rispondo, perché quel che faccio non è mai una questione personale.
Perché umanità oggi vuol dire proprio questo. Alzarsi in volo, raggiungere l’obbiettivo e lanciare la bomba, ovvero il messaggio, il post, il tweet e poi… e poi lanciarne altro, e un altro ancora. L’importante è esserci e far parte dello spettacolo.
O della guerra.
Umana.

Domani vieni ad ascoltarmi dal vivo:
Spettacolo di presentazione del libro 
Sabato 9 Febbraio 2013 ore 18 
Teatro Planet
Via Crema, 14, Roma
 

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