Maratona Betlemme Israele vieta atleti Gaza: dieci motivi

Storie e Notizie N. 909

Il prossimo 21 aprile la storia potrà cambiare ancora una volta.
Ci sarà una corsa o, meglio, una gara, ma non una gara normale, perché la Palestina non ha mai avuto una maratona ufficiale.
Right to Movement è il nome dell’evento, ovvero Diritto al Movimento.
Dal sito ufficiale: La corsa è un mezzo di locomozione terrestre che permette agli esseri umani e agli animali di muoversi rapidamente a piedi. Il diritto al movimento, significa che si ha la facoltà di spostarsi dal punto A al punto B. Anche prendendo la decisione su dove si desideri andare, quando e perché. E’ altresì uno dei più elementari diritti umani. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato (articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ONU).
Capita, però, che cotante parole non siano sufficienti per cambiarla del tutto, la storia, o almeno in modo veramente significativo, poiché Israele ha deciso di negare ai 26 corridori provenienti da Gaza di partecipare alla corsa, tra cui il campione olimpionico Nader al-Masri.
Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento, come dice la Dichiarazione, a meno che non provenga da Gaza…

Dieci motivi perché Israele sbaglia.

Primo, perché, sebbene non sarà una gara di corsa a cancellare il dolore e la rabbia di una e più vite, da qualche cosa occorre pure iniziare per riportare la normalità dove non ce n’è mai stata.
Secondo, perché ogni singola occasione che si ha per dimostrare al mondo che da quel lembo di terra stritolata da ottusità ed egoismo si può arrivare su Youtube per un giorno di gioia, piuttosto che di strazio, vale come oro nel Klondike di Zio Paperone.
Terzo, perché la corsa è roba da giovani e ammirata dai giovani da entrambi i lati del muro, indi per cui vale la pena mostrarsi giusti almeno davanti a loro.
Quarto, perché potrebbe vincere chiunque e stavolta sarà solo il fiato in corpo, il coraggio dei muscoli e la tenacia dei nervi a decidere l’esito della battaglia, altro che confini.
Quinto, perché la corsa, signori miei, esiste da molto più tempo di quanto voi possiate immaginare e merita rispetto, se non altro, ascolto.
Sesto, perché qualcosa bisogna pure iniziare a riscrivere con altro inchiostro e novella grafia, e quale pretesto migliore di una competizione sportiva potrà mai esserci?
Settimo, perché capisco che il nome Right to Movement, Diritto al Movimento, faccia paura, ma esiste un tragitto ben definito e la fune del traguardo, non temete che noi si vada così lontano.
Ottavo, perché se è la presenza di oggetti ostili a preoccuparvi sappiate che la maratona richiede particolare leggerezza, altrimenti si è in sconfitti in partenza.
Nono, perché se è l’idea di un possibile vincitore di Gaza a sconvolgere i vostri incubi, faremo di tutto per arrivare al massimo secondi.
Dieci, perché se proprio dovete temere qualcosa è che noi si corra così veloce, ma così veloce da diventare invisibili come l’aria che aleggia su questa terra.
E si da il caso che l’aria non si possa arrestare con un muro.
Ma, tanto, lo sapete già.
La nostra aria è la stessa che respirate anche voi.
 



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